Un Futuro a Colori: studiare meglio fa bene al successo nel lavoro e nella vita

Negli ultimi anni migliaia di ragazzi sono delusi, spaesati, arrabbiati per le difficoltà di trovare un lavoro soddisfacente a livello personale ed economico. Allo stesso tempo si assiste a un abbassamento dell’età degli imprenditori di successo, alcuni dei quali entrano nella classifica degli uomini più ricchi del mondo. Si registra inoltre una crescente difficoltà da parte delle imprese a trovare profili idonei a sostenere la loro competitività; anche nel 2013 i profili di cui le aziende denunciano la maggiore scarsità sono, per il 62%, quelli a maggiore specializzazione: dirigenti, professionisti con elevate competenze tecniche o scientifiche, responsabili commerciali in grado di gestire clienti e processi di import-export...

 

Questi paradossi che la cultura giornalistica imperante non riesce a spiegare, sono il tema del libro di Irene Tinagli. Si tratta di un testo agile e scorrevole, assolutamente consigliato a famiglie e ragazzi alle prese con le difficili scelte per il futuro, ma anche a decisori istituzionali, insegnanti e operatori della scuola...

 

La Tinagli analizza tendenze globali, esemplificando fenomeni complessi con il racconto di casi biografici di successo e di fallimento. L’obiettivo del libro è comprendere il rapporto tra formazione scolastica e successo professionale. Pagina dopo pagina emerge qual è l'approccio mentale più adeguato per cogliere oggi le migliori opportunità nello studio, nella formazione e nel lavoro.

 

Perché le idee “tradizionali” e più diffuse sulla formazione scolastica e il lavoro sono inutilizzabili e dannose?

La risposta sta nel cambiamento tecnologico e dei fattori di produzione, che ha reso inadeguate le competenze tipicamente “operative” della classe media impiegatizia (es. battere a macchina, protocollare documenti, far di conto, tenere registri contabili, tenere un libro mastro…). In secondo luogo le assunzioni nel settore pubblico, triplicate nell'arco del ventennio successivo agli anni sessanta, hanno subito una fortissima battuta di arresto.

Inconsapevoli di questi cambiamenti, milioni di persone continuano a sognare il posto fisso nella PA o nella vecchia industria manifatturiera, precludendosi la possibilità di cogliere le migliori opportunità e rinunciando in partenza a informarsi su quali sono i settori emergenti, le nuove professioni, le competenze di cui c’è maggior richiesta. E questo anche perché fior di “esperti”, politici e rappresentanti istituzionali continuano a far credere alle famiglie che un titolo di studio non è altro che un “pezzo di carta”, la cui unica funzione è quella di garantire l’accesso a un concorso nella pubblica amministrazione, in una banca o come impiegato in una azienda, indipendentemente dalla qualità degli studi effettuati.

 

La Tinagli dà alcuni esempi di settori emergenti: nuove tecnologie (informatiche ed elettroniche), telecomunicazioni, biotecnologie, internazionalizzazione e modernizzazione di settori tradizionali con apertura a mercati stranieri… ma senza entrare troppo nel dettaglio, perché l’obiettivo non è quello di indicare “cosa” studiare, quanto piuttosto “come” studiare – e questo, secondo me, è uno dei maggiori pregi del suo libro.

 

Fra le competenze più importanti indica: aver viaggiato ed essere disponibili a viaggiare, sostenere conversazioni di lavoro o trattative commerciali in inglese, cultura internazionale e apertura mentale, conoscenze informatiche, finanziarie, organizzative, manageriali, linguistiche, doti relazionali e creative. Dai tanti esempi di giovani di successo apprendiamo l’importanza di sviluppare flessibilità di pensiero, compiere scelte rischiose, integrare competenze tecniche e scientifiche con capacità sociali, relazionali, operare nuove sintesi creative (vedi il solito Zuckerberg, esperto di informatica ma anche un genio in matematica, latino e greco).

 

La Tinagli passa poi a spiegare come scuola e università si stanno attrezzando per portare i loro studenti all’eccellenza e assicurargli il successo lavorativo. Alcuni esempi tratti dai centri universitari di eccellenza mondiale - Harvard, Stanford, MIT, ecc.– possono essere utili a capire come si possono riformare organizzazione didattica e metodi di studio.

Verso la metà degli anni novanta Don Marinelli, professore di drammaturgia alla Carnegie Mellon, comincia a collaborare con il capo dipartimento di Informatica su un progetto di video digitali nella creazione delle Synthetic Interviews, un programma che consentirà agli studenti di “intervistare” personaggi storici scomparsi da tempo o completamente inventati. Negli stessi anni il professor Randy Pausch crea un programma dove studenti della facoltà di Belle Arti lavorano insieme a studenti di ingegneria e informatica per realizzare mondi virtuali. Dalle esperienze di Marinelli e di Pausch è scaturito l’Entertainment Technology Center: un centro in cui artisti e informatici studiano e lavorano fianco a fianco su progetti pionieristici. L’ETC è cresciuto in pochissimi anni con un enorme successo fra gli studenti, che ora sono fra i più richiesti nell’industria dell’intrattenimento digitale e dei videogame. Un altro esempio è quello della Design School (d.school), nell’università di Stanford, un luogo dove si tengono seminari aperti a studenti di qualsiasi facoltà, ma anche workshop e iniziative per aziende, imprenditori, manager. La scuola non rilascia alcun diploma o titolo di studio, perché l’obiettivo non è ottenere il “pezzo di carta”, ma "imparare a pensare e risolvere i problemi in modo diverso, contaminare discipline anche molto distanti fra loro per renderle più dinamiche ed utili alla società”. Queste università hanno deciso di rendere disponibili on line programmi e contenuti standardizzati dei corsi tradizionali. Se qualcuno è ancora disposto a spendere cinquantamila dollari l’anno per iscriversi fisicamente a quelle università, è perché il loro valore non sta più nella trasmissione di mere nozioni, quanto nell’ambiente che riescono a creare.

Un ambiente in cui è possibile sviluppare intelligenze multiple e attivare insieme emisfero destro e sinistro, logica e immaginazione, tecnologia avanzata e creatività.

Si tratta di pratiche didattiche che potrebbero essere adottate tranquillamente, a costo zero, anche da noi. Basterebbe una maggiore consapevolezza di come funziona il nostro cervello e il mondo fuori di noi, la volontà di andare oltre gli schemi e sopratutto il coraggio di rischiare.

 

Autore: Alfonso Miceli

 

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